Il termine “chakra” (letteralmente “ruota”) si trova per la prima volta nei Veda (2000 a.C. circa) ma i sistemi yogici che accennano ai chakra sono sicuramente pre-vedici e pre-ariani. Alcuni cenni e descrizioni possono trovarsi nell’opera di Patanjali (“Yoga Sutra”) e in alcune Upanishad. In Occidente la teoria dei chakra deve la sua diffusione principalmente alla traduzione di due testi indiani, il “Sat-Cakra-Nirupana” e il “Padaka-Pancaka” (oltre che nella “Hatha Yoga Pradipika” e nella “Shiva Samhita”).
Prima però di parlare dettagliatamente di questo argomento è opportuno soffermarsi un momento sul concetto di “nadi”. Questo termine deriva dal sanscrito “nad” e significa tubo, canale o vena. Tali canali, che dipartono da un punto (kanda) situato alla base della spina dorsale, sono le vie attraverso le quali scorre il “prana” (traducibile come soffio o energia vitale, respiro o energia cosmica) che va ad alimentare tutte le parti del corpo (per questa ragione la purificazione delle nadi, attraverso tecniche appropriate, è il primo obiettivo da perseguire nella pratica dello yoga).
Il numero delle nadi non è certo (secondo l’Hata Yoga Pradipika sono 72.000 e per altri, come la Shiva Samhita queste sono più di 300.000), ma stabilirne il numero esatto non è di fondamentale importanza: quello che ci interessa è che i principali testi yogici concordano nel distinguere quattordici nadi principali, di cui dieci tenute in maggior considerazione, ossia la nadi centrale e quelle afferenti ai nove “buchi” del nostro corpo (Ida e Pingala – narice sinistra e destra; Hastijihva e Gandhari – occhio sinistro e destro; Pusa e Yasasvini – orecchio sinistro e destro; Alambusha – bocca; Kuhu – organo sessuale; Sankhini – ano).
A questi nove “buchi” Yogi Bhajan si riferisce quando afferma che, quando se ne ha il controllo, si ha il controllo della propria energia (avere il controllo delle nadi significa avere il controllo dell’energia – prana – che scorre al loro interno).
Tre sono le nadi principali, oggetto della considerazione degli yogi: Ida, che rappresenta l’energia femminile, lunare, riflessiva; Pingala, che rappresenta l’energia maschile, solare, creativa; Sushumna, la nadi più importante, il canale centrale in cui scorre la Shakti Kundalini.
Dall’intersezione delle nadi principali hanno origine dei centri di energia chiamati appunto “chakra” (dal sanscrito, ruota, vortice, cerchio): i sette chakra principali (negli insegnamenti di Yogi Bhajan ci si riferisce anche ad un 8° chakra, rappresentato dal campo magnetico) sono localizzati lungo la nadi principale (sushumna) partendo dalla regione coccigea (muladhara, 1°), risalendo alla zona degli organi genitali (svadhisthana, 2°), ombelico – plesso solare (manipura, 3°), regione del cuore (anahata, 4°), zona della gola (vishuddha, 5°), zona frontale del cranio – terzo occhio (ajna, 6°), cima della testa (sahasrara, 7°) ~ Tabella riassuntiva formato A3
Una corretta rappresentazione dei chakra, capace di rendere l’idea della fluidità del passaggio di energia da un centro energetico all’altro, li assimila a delle sfere di luce; immaginando sette lampadine accese una accanto all’altra, sarà impossibile capire con esattezza dove finisce la luce di una e comincia la luce dell’altra. Allo stesso modo la stimolazione e il lavoro su un chakra non ha mai benefici legati alla singola zona bensì i benefici si irradiano inevitabilmente fino a toccare le zone vicine.
Graficamente, di solito, i chakra vengono assimilati al loto perché (questa è una delle possibili spiegazioni), benché esso nasca da acque stagnanti e putrescenti, dà origine ad un fiore bellissimo e candido (nasce dal fango ma non è macchiato da esso). Nella simbologia indiana le acque stagnanti rappresentano l’indistinzione primordiale del caos e il loto che da esse sorge rappresenta l’elevazione spirituale.
Come yogi, la nostra attenzione è rivolta soprattutto ai sette chakra principali (alcuni testi riportano che ne esistono 145 – i 7 principali, altri 21 medi e 117 minori), perché attraverso la loro stimolazione è possibile lavorare di riflesso (per il “principio delle lampadine accese espresso poco sopra”) sulla quasi totalità del nostro essere/corpo/sistema spirituale-energetico.